martedì 31 maggio 2011

Stringiamoci a Conte (A-Team su LaStampa.it)

Tredici stagioni bianconere, cinque scudetti, una Champions, un'Intercontinentale, una Uefa, una Supercoppa Europea, una Coppa Italia, quattro Supercoppe Italiane. Molti lo chiamano ancora Capitano, forse anche tra quelli che lui dovrà far accomodare in panchina per scelta tecnica.

No, Antonio Conte non è più il Capitano, è il Mister e da quest'ottica il palmarès assume tutta un'altra prospettiva: due promozioni dalla B alla A e un esonero nella serie maggiore. Non certo il profilo di un top. La differenza con quello di Delneri risiede all'anagrafe: 19 anni. In tre anni Guardiola ha vinto due Champions, figuriamoci quanti tituli si possono mettere in bacheca in 19.

Tuttavia, Conte arriva alla Juve più da calciatore che non da allenatore, trasportato a Vinovo in corsia riservata dalla curva. E in queste occasioni solleticare gli istinti curvaioli non è mai un vanto.

Però stavolta voglio dare fiducia alle scelte della Società, convincendomi che sono soltanto sportive e che vedano in Antonio Conte non il passato capitano, ma il futuro mister su cui fondare un ciclo.

Qui si è arrivati al bivio definitivo: dopo quattro allenatori in due anni solari (Ferrara cominciò la sua avventura bianconera nel maggio 2009, poi seguirono Zaccheroni e Delneri), non c'è più spazio per i capri espiatori. Se la scommessa Conte salta, salta pure il banco e chissà quali scenari potrebbe aprire l'ennesimo fallimento.

Meglio non verificarlo mai e stringerci a Conte, concedendo tutta la fiducia e la protezione a un allenatore che compie il grande balzo, quello della vita. Perciò, caro Mister, dacci dentro, e non considerarlo un gioco di parole, se diciamo che noi siamo Conte!

Stringiamoci a Conte (ma non siam pronti alla morte)

Nuovo calendario ambrosiano

25 aprile



(Ma occhio. Ieri ti abbiamo votato. Oggi ti festeggiamo. Da domani ti stiamo addosso come cani rognosi.)

sabato 28 maggio 2011

Manchester United - Barcellona 2-1

Nell'ordine: Pedro, Vidic, Hernandez.

Per pigrizia non la gioco alla Snai, ma se l'azzecco così secca mi sparo.

venerdì 27 maggio 2011

No, che non lo è manco per niente

Grazie all'ennesima minzione fuori dal vaso di Aurelio De Laurentiis, sta accreditandosi pure la voce che il direttore della Gazzetta dello Sport sia juventino. I lettori, esterrefatti, mi chiedono conferma. Be', la risposta sta nel titolo.

martedì 24 maggio 2011

Bravo United, perché cambiare troppo?



Inutile dilungarmi: copio e incollo il comunicato stampa, augurandomi che anche per la Juve sia stata fatta una scelta così elegante e conservativa.

La nuova divisa, la più ecologica mai realizzata, celebra la storia del Club

La nuova divisa per le partite interne con cui giocherà il Manchester United è caratterizzata dai tradizionali colori distintivi della storia del club: il rosso, il bianco e il nero.

La nuova maglia è rossa e presenta il girocollo bianco con al centro una striscia nera, il motivo caratteristico della sciarpa del club, già apparso sulle divise indossate da formazioni entrate nella leggenda come quelle che vinsero la FA Cup del 1977 e del 1985, e di quella che vinse la Champions League e la Premier League nel 2008.

La classica sciarpa con la banda bianca e nera è un simbolo immediatamente riconducibile al Manchester United, sia per i tifosi sia per i giocatori che la sfoggiano nei momenti di celebrazione e festeggiamento.

Nella parte interna della maglia, dietro allo stemma del Club, è riportata la parola “implacabile” (relentless), che coglie perfettamente lo spirito indomito dello United, sempre alla ricerca della vittoria e che ha portato la società a vincere i più importanti trofei in Europa e nel mondo.

Nella parte posteriore della maglia, appena sotto il colletto, appare il piccolo diavolo che è riprodotto sullo stemma del Club, mentre nella parte interna del colletto è stampato Manchester United.

La nuova divisa da gioco è realizzata interamente con un innovativo poliestere riciclato che per la prima volta viene utilizzato sia per la maglia sia per i calzoncini.

Ogni divisa è stata prodotta direttamente utilizzando un quantitativo di plastica equivalente a 13 bottiglie d'acqua. Questo nuovo processo produttivo consente un risparmio energetico del 30 per cento rispetto alla produzione tradizionale del poliestere e impedisce che quasi 100 milioni di bottiglie di plastica finiscano in discarica.

I calzoncini abbinati alla prima maglia sono completamente bianchi con una piccola etichetta cucita sul bordo inferiore che riproduce la striscia bianconera.

I calzettoni sono neri con bordo rosso, bianco e nero e un piccolo diavolo di colore bianco riprodotto sul polpaccio.

La divisa è il 13 per cento più leggera di quella precedente, e grazie all'utilizzo della tecnologia Nike Dri-FIT, consente la termoregolazione attiva della temperatura corporea dei giocatori in campo e li mantiene sempre asciutti. Questa tecnologia permette al tessuto di assorbire il sudore dal corpo e farlo poi evaporare rapidamente.

La termoregolazione è agevolata dalla presenza delle aree di ventilazione, dalle ascelle sino alla vita, con centinaia di minuscoli fori tagliati con il laser, che permettono la circolazione dellèaria e garantiscono un comfort ottimale e mantengono i giocatori freschi e asciutti.

Lo stemma del club, riprodotto sulla parte anteriore della maglia, per la prima volta è stato applicato a caldo, consentendo così anche in questa importante zona del busto una ventilazione adeguata.

La maglia ha una nuova vestibilità più aderente e il tessuto è del 17per cento più elastico rispetto a quello usato due anni fa. Gli orli sono saldati e l'assenza di cuciture riduce l'irritazione causata dallo sfregamento sulla pelle.

Le divise da gioco e la collezione ispirata al Manchester United saranno disponibili presso i Nike Store e sul sito www.nikestore.com a partire dal 3 giugno.

Update. C'è anche quella del Barça. Qui mi tocca tacere, perché l'effetto è uguale e contrario: che sono 'ste righe ipnotiche? (E ora temo per la Juve).

lunedì 23 maggio 2011

Olimpico, l'abito non fa il monaco: sei ancora Comunale

Ieri è stata una serata storica (e non perché non andiamo in Europa, dopo 21 anni), ma perché salutiamo, speriamo per sempre, lo stadio Olimpico. Per celebrare adeguatamente l'evento, ripropongo il pezzo che pubblicai su La Stampa, il giorno dopo il rientro nell'anziano Comunale. Fu dopo Juve-Vicenza, nell'autunno del 2006. E A-Team si chiamava B-Movie.

Che cosa rimarrà di questo debutto all’Olimpico? Tutte quelle bandiere mentre lo stadio intona “I campioni dell’Italia siamo noi” aprono il cuore (che si trova più o meno all’altezza di dove dovrebbe esserci scudetto), ma no.

Signori, la vera novità di stagione è il trascinante deejay che, forte di un impianto degno di Marylin Manson, ci ha fracassato gli zebedei per tutto il pre-partita e l’intervallo. Rigurgito degli anni Ottanta, schiavo del divertimento obbligatorio, icona acustica dell’Operazione simpatia: lo voglio morto. Visto che è la prima, basta metaforicamente. Ma stai attento, figlio illegittimo del Super-Telegattone, se perseveri c’è un intero stadio pronto a danzare “I will survive” sulle tue spoglie.

Scusatemi, ma un pomeriggio con Boumsong mi rende spietato. Anche verso l’evento che qualche burlone ha definito il ritorno a casa. Non raccontiamo balle: la vera penalizzazione è proprio lui. Cambiategli cento volte nome, truccatelo, mettetelo in incognito, ma lo riconosceremo sempre: è e rimarrà il vecchio, indigesto Comunale. Ora si fa chiamare “Olimpico”, come quelle snob attempate, che dopo tre divorzi usano il cognome del marito più ricco e famoso. Catarsi o nemesi che sia, rientrarci in B è solo il segno di un destino cinico e baro.

Conosco l’obiezione: non sei un vero innamorato della Juve. Qui hai visto i miti: Bettega, “Le Roi” Michel, il Trap, la squadra degli otto campioni del mondo (i quali, aggiungo tanto per non rinfocolare sterili polemiche, non ci hanno neppure mollato subito dopo). Come fai a non amarlo? Tanto più che, proprio su queste pagine, Massimo Gramellini gli ha intonato un’ispirata, ancorché granatissima, ode. Lui sì che è tifoso vero, come tutti quelli del Toro.

Bravi. Troppo facile amare il Comunale uscendo dal portone di casa e ritrovandosi in Maratona. I bianconeri, lo sanno tutti, non abitano (solo) a Torino e il vero amore si vede nel dolore più che nella gioia, nella malattia più che in salute. Allora, provate voi a svegliarvi all’alba, farvi deportare su un pullman fumoso, arrivare stremati a Torino, mangiare in piedi come cavalli, beccarvi la pioggia, mentre intuite una partita che si gioca laggiù, oltre un’assurda pista d’atletica. Infine, a tornare a casa all’ora dei vampiri, gonfi di un sentimento che non sia di follia omicida.

Pretendere che noi juventini dispersi ai quattro angoli dello Stivale
amiamo il Comunale è sinceramente troppo. Lo abbiamo sopportato, ed è già una conquista francescana.

Ora ce lo ritroviamo addirittura Olimpico, ma non illudiamoci: l’abito non fa il monaco. Certo, dopo la ristrutturazione le cose sono cambiate. L’aspetto è gradevole e non ti sfinisci più come un tempo stando in piedi in tribuna. Oggi lo fai direttamente ai tornelli. Unico stadio dell’emisfero a rispettare la legge Pisanu, è più facile rubare l’Urlo di Munch che varcarne i cancelli. Se è vero che quando parlano di te ti fischiano le orecchie, all’ex ministro ieri sono esplosi i timpani. Sappia che hanno contribuito anche le amabili signore del mercato di Santa Rita, onorevole.

Invoco chi di dovere: sindaco, presidente, Famiglia. Non m’importa a chi tocchi, ma ha due anni di tempo, quelli che ci metteremo per tornare in Coppa. Per allora dateci uno stadio da mostrare con orgoglio all’Europa. Là c’è chi gioca nel “Teatro dei Sogni”, qui finora abbiamo avuto solo teatri da incubo. E poi, se ci tenete, questo chiamatelo pure “Grande Torino”. Tanto noi saremo grandi altrove.

giovedì 19 maggio 2011

Benvenuto, maestro di vittorie


Salvo cataclismi, Andrea Pirlo, abbinate a quelle nere indosserà anche le strisce bianche, dopo le azzurre e le rosse. Così, con Buffon, Grosso, Barzagli, Toni e Del Piero, diventa il sesto campione del mondo 2006 nella Juventus 2011. Il dato temporale stride, perciò, salvo voler organizzare nel nuovo Delle Alpi un memorial Mundial, c'è da aspettarsi che qualche altro reduce di Berlino stia facendo le valigie.

Che Pirlo sarà? Quest'anno non l'abbiamo mai visto giocare. Non perché s'è riposato, ma per due gravi infortuni, di cui uno al ginocchio: roba brutta per un calciatore con 18 stagioni di attività nelle gambe. Fabio Capello sentenzia che un Pirlo sano fa la differenza. E calca sull'aggettivo “sano”. Questa è infatti l'incognita vera di una scommessa al buio.

Marotta e Paratici puntano forte su un piatto che non ha mezzi termini, nel poker texano è un all-in: o vincono tutto o si alzano dal tavolo e salutano. Perché ingaggiare un 32enne reduce da una stagione così è un bell'azzardo e un nuovo fallimento non sarebbe loro perdonato.

Tuttavia, questa volta punto con loro. Innanzi tutto, perché non posso immaginare che la nuova Juve verrà modellata su Andrea Pirlo. Poi, perché è pur vero che i palmarès non vanno in campo (sennò Pelé giocherebbe ancora), ma l'abitudine a vincere è contagiosa. E in questa Juve ce n'è un gran bisogno.

Se si escludono Buffon e Del Piero, tutti gli altri trenta compagni messi insieme non raccattano un decimo della bacheca di Pirlo. Come dissi un anno fa, leggendo i nomi dei nuovi arrivi tutti col palmarès immacolato, per vincere bisogna prendere gente che sa come farlo. Tanto per fare un esempio di cronaca, guardate che fine ha fatto il Napoli, quando si è cominciato a fare sul serio. Nessuno sotto il Vesuvio sa come si vince, a Milano tutti.

Perciò, benvenuto Andrea, leader che fa parlare i piedi, per dirla alla Lippi. Speriamo sia un buon maestro. E, soprattutto, che non lo lascino solo in cattedra, perché allora sì sarebbe inevitabile perdere l'ennesima scommessa.

mercoledì 18 maggio 2011

Modi da Squalo


Contrattazione salariale, sfruttamento degli stagisti, abbassamento della qualità del lavoro: c'è aria di sciopero a Sky Sport e l'ultima di campionato si preannuncia a rischio per gli abbonati. Ci troveremo dinnanzi a una questione sindacale inedita e complicatissima: può una televisione in abbonamento non prestare servizio a chi paga?

Un problema del tutto teorico, però, perché pare che la dirigenza abbia già trovato un modo efficace e sbrigativo per dirimere la questione: calpestare i diritti sindacali, arruolando commentatori e tecnici dagli altri canali, in primis SkySport24. Vi lascio immaginare che bel clima di amicizia e cameratismo tra i colleghi dello Sport e quello del canale all news sta alimentando questo geniale stratagemma.

Vedremo quello che accadrà. Ma se tra oggi e domani viene proclamato lo sciopero e le partite andranno regolarmente in onda, commentate da voci improvvisate, lunedì la prima cosa che farò sarà disdire l'abbonamento.

domenica 15 maggio 2011

Juve, salvati dal rischio Feyenoord: prendi Carletto (A-Team su LaStampa.it)

Dopo due anni al settimo posto, incombe il rischio Feyenoord. La squadra di Rotterdam che negli anni Settanta svettava nel calcio europeo, è scomparsa dai radar internazionali e oggi i giovani non olandesi non sanno neppure che esista. Da anni traccheggia a metà classifica nel torneo nazionale.

Perché scivolare nell'oblio è molto più semplice di quanto si creda. L'asticella delle aspettative e dell'ambizione s'ammaina progressivamente, finché la mediocrità diventa norma, il pensiero provinciale diventa dominante. Finché, tanto per entrare nel concreto, si arriva a pensare che un Delneri possa allenare la Juve.

Invertire il corso di marcia, allora, diventa uno sforzo talvolta neppure preso in considerazione. E seppur si caccia Delneri per sostituirlo non si va oltre le candidature di Mazzarri e Conte, due rispettabili professionisti del calcio minore.

Quando, ancora prima che firmasse, etichettai il povero Delneri come la prova che la Juve aveva abdicato da grande d'Europa, mi si ribatté che neppure Lippi, alla sua prima gestione, vantava un curriculum da Juve. La stessa risposta che mi sento dare quando arriccio il naso ai nomi degli attuali allenatori di Napoli e Siena.

Si dimentica, evidentemente, la differenza tra la Juve del primo Lippi e questa. Non in campo (oddio, non soltanto), ma soprattutto in Società. Questa Juventus manca di carisma ovunque. Il Presidente, che ha l'albero genealogico migliore d'Italia, deve però dimostrare ancora tutto come manager. Gli va data fiducia, ma non è su di lui che può essere rifondato l'immediato futuro della squadra. (Volontariamente taccio sulle recentissime uscite della proprietà, rappresentata dall'altro ramo di famiglia.)

Da qualche giorno, c'è un nuovo amministratore delegato, che legittimamente di calcio non sa nulla. Farà i conti, ma non in campo. Come dg sportivo, c'è una persona certamente esperta, ma che deve rimediare la storica figuraccia della scorsa campagna acquisti: chi crede che Martinez possa valere i 12 milioni che ha speso, come minimo qualche lacuna ce l'ha.

Perciò, l'allenatore che arriverà si troverà il vento in faccia. E sarà un vento di tempesta. Dovrà avere spalle larghe e grinta da manager, credibilità in campo, ma anche fuori per convincere a venire da noi i “top players” (come si usa chiamare quelli che fino a ieri erano i campioni). Questa Juve, questa proprietà disinteressata, questa dirigenza non sono un richiamo. Tanto meno senza vetrine europee, neppure di seconda fascia.

Questa figura di garanzia non può essere incarnata né da Walter Mazzarri né da Antonio Conte. Sul mercato ci sono solo tre nomi di caratura internazionale, che non siano blindati da contratti o progetti più avvincenti: Louis van Gaal, Rafa Benitez e Carlo Ancelotti. Io punterei a occhi chiusi su Carletto: chissà quanta voglia avrebbe di far rimangiare a tutti quegli osceni striscioni di dieci anni fa, che le curve gli dedicarono. Ma anche gli altri due andrebbero bene. Sarebbe un segnale che si è tornato a ragionare in grande e che si vuole tirare il freno a mano durante la caduta verso la quota Feyenood.

Temo però che questa dirigenza preferisca far prendere il vento di tempesta in faccia a Mazzarri, che – vorrei sbagliarmi – con quella invidiabile chioma, si spettinerà molto presto.

sabato 14 maggio 2011

Roberto ManCity

Non so che cosa significhi, ma mentre il Milan festeggia lo scudetto, il Manchester City di Roberto Mancini vince la FA Cup, con Mario Balotelli eletto man of the match.

mercoledì 11 maggio 2011

Come previsto, JC Blanc saluta

Lo avevamo anticipato: Jean-Claude Blanc non è più direttore generale e amministratore delegato della Juve.

martedì 10 maggio 2011

Con lo Shuttle o a piedi, ciao a (quasi) tutti (A-Team su LaStampa.it)

Finalmente, l’agonia è finita e possiamo lecitamente pensare al futuro. Prima di concentrarci su chi debba arrivare, proviamo a fare il punto di chi debba rimanere e di chi si possa salutare, senza sventolio di fazzoletti bianchi. Ovvio che l’80 per cento di quelli che farei partire resteranno (non si può rivoluzionare la rosa ogni anno), ma questo è soltanto lo specchio di ciò che è oggi la Juve.

Buffon: va ricostruito psicologicamente, ma va tenuto.
Storari: col broncio perenne, lasciamolo andare a borbottare altrove.
Manninger: buon terzo, in attesa di un secondo giovane e promettente. Da tenere.

Barzagli: ha fatto il suo onestamente. Da tenere.
Bonucci: se non gli diciamo che è Beckenbauer, va tenuto.
Chiellini: da ricostruire, ma anche da tenere qui con le catene.
Motta: da spedire con il Concorde.
De Ceglie: se qualcuno lo vuole, non facciamolo insistere.
Grosso: scaduto per limiti d’età.
Grygera: grazie, ma basta.
Rinaudo: chi?
Sorensen: da tenere, magari vedendolo al centro.
Traoré: prima di spedirlo dove merita, facciamoci restituire i soldi.

Aquilani: nonostante tutto, da tenere.
Krasic: ma facciamogli fare vacanze riposanti quest’estate.
Marchisio: da tenere, ma basta montargli la testa.
Martinez: non fatemi infierire, le colpe non sono neppure tutte sue.
Melo: datemi il là e lo porto io in spalla oltre confine.
Pepe: qualcuno va pur tenuto.
Salihamidzic: grazie e ciao, ha dato fin troppo.
Sissoko: regaliamolo pure a chi se lo piglia.

Del Piero: il capitano dei tre stadi. Punto.
Iaquinta: prolunghiamo la lunga assenza fino al distacco definitivo.
Matri: questo è buono davvero. Da tenere stretto.
Quagliarella: se si rimette, va tenuto, ma dopo un infortunio così è rischiosissimo.
Toni: come quinto attaccante, un bestione d’area così lo tengo.

Delneri: da spedire con lo Shuttle.
Marotta: gli farei fare coppia fissa con Delneri, ma una seconda chance l’avrà di sicuro.
Andrea Agnelli: mi fido un altro anno del suo cognome, ma per favore non faccia parlare così tanto l’altro ramo di famiglia.

lunedì 9 maggio 2011

L'oligopolio non fa bene al calcio

Con le vittorie nel weekend contro Chelsea (2-1) e nel derby con l’Espanyol (2-0), Manchester United e Barcellona si aggiudicano di fatto Premier e Liga, confermando il trend degli ultimi anni, secondo il quale chi va in finale in Champions vince anche in casa.

Oramai si viaggia a colpi di doppiette e triplette. È il caso dell’Inter della scorsa stagione, del triplete del Barcellona dell’anno prima e della doppietta del Manchester di quella prima ancora.

Tendenza che sarebbe stata confermata anche in caso di risultato invertito in Europa (spesso le finali si vincono per gli episodi), perché quest’anno chiunque vinca fa doppietta, lo scorso anno a Madrid arrivarono Inter e Bayern con la doppietta domestica già in tasca e lo stesso accadde a Roma nel 2009 quando il Barça conquistò il triplete contro il ManU già campione inglese e di Coppa di Lega. Nel 2008 non poté esserci una sfida tra vincenti del proprio campionato soltanto perché si incontrarono ManU e Chelsea, che comunque conclusero prime e seconde in Premier.

È soltanto un dato statistico? Non credo. Mi sembra piuttosto una radicalizzazione del potere sportivo in pochissime mani, che tendono ad arraffare tutto. Non fa di certo bene allo sport, ma senza adeguati correttivi (tetti degli ingaggi, spalmatura più equa dei diritti televisivi, revisione delle norme finanziarie e di equità fiscale) non c’è alternativa.

Finché la tendenza si incancrenirà e dai duopoli nazionali dei maggiori campionati europei (e in Italia il rischio è ancora più alto, come si è accorto Mario Sconcerti sul Corriere di oggi, perché ristretto al derby di una sola città), si giungerà a uno strettissimo oligopolio della Champions, che è già in atto ma che rischia di restringersi a tre o quattro squadre al massimo. E, allora, sarà ben difficile trovarci delle italiane.

domenica 8 maggio 2011

Se questo non è un campione



2001-2002 Ajax
2003-2004 Ajax
2004-2005 Juventus
2005-2006 Juventus
2006-2007 Inter
2007-2008 Inter
2008-2009 Inter
2009-2010 Barcellona
2010-2011 Milan

Questi sono i campionati vinti da Zlatan Ibrahimovich: nove su dieci stagioni. E c'è chi lo discute.

sabato 7 maggio 2011

mercoledì 4 maggio 2011

Lo specchio del Paese


Mourinho dopo l'andata di Barcellona ha espresso commenti del tutto simili a quelli del presidente (aggravante) Claudio Lotito, dopo Lazio-Juventus.
A Mou la Uefa ha dato quattro giornate di squalifica, a Lotito una tiratina d'orecchie dalla Figc.

martedì 3 maggio 2011

Mi ricordano qualcosa

Belle le nuove maglie del Milan che debutteranno con la festa scudetto di San Siro, il prossimo 14 maggio.


Mi ricordano queste altre, quando arrivammo a 13 punti dal Milan. Se tanto mi dà tanto...


Ecco come le ho viste io. Ma è colpa del telefono che crea distanza.


P.S.: Mi ricordano pure quella di Gianni Rivera della stella, ma non ditelo a Silvio.

lunedì 2 maggio 2011

Ora spazio ai rimpianti (A-Team su LaStampa.it)


Ora ci ritroviamo pure con un bel bagaglio di rimpianti: il gol di Lodi al 95’ di settimana scorsa brucia sempre di più. Come brucia il 2-2 col Cesena, la sconfitta in casa col Bologna (detto tra parentesi: una squadra vergognosa e senza dignità), quella a Lecce, la partita non giocata a Firenze. Ma bastava vincere col Catania e la zona Champions sarebbe stata lì, a portata di mano.

Mi ha molto colpito, a partita strafinita, un lungo e sentito abbraccio tra Del Piero e Buffon. Era la gioia di una coppia che ha visto e vinto di tutto e che sente di poter condividere l’orgoglio di una vittoria a Roma, che non ci schioda dal settimo posto, ma che dimostra che la squadra in campo è più unita e convinta di quanto stia dimostrando la stessa Società. La quale, in quest’ultimo periodo, non sembra interessarsi a come potrebbe finire il campionato.

Una ridda di voci si sussegue circa il post-Delneri e nessuno si prende la briga di far quadrato per garantire un finale di torneo dignitoso all’allenatore di oggi. Con acume, Gianni Ippoliti sta sfangando da settimane alla Domenica Sportiva la sua rassegna stampa demenziale presentando la prima pagina di Tuttosport tappezzata da 60 foto dei candidati alla nostra panchina. Quando si scherza, qualcosa di vero ci scappa sempre.

Che poi ci manca pure che, per miracolo, ci scappi il quarto posto e la frittata sarebbe fatta davvero: con Delneri quarto, come verrebbe accolto Mazzarri, a cui si stanno srotolando i tappeti rossi? Ma questa più che una provocazione, ahimè, è una chimera: la Champions continua a essere lontanissima (certo che se Roma-Milan e Udinese-Lazio finissero in pareggio…).